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We4italy: "Sardex, l’azienda comunità"

We4italy, la piattaforma collaborativa di storytelling voluta da Unioncamere per contribuire a diffondere la cultura d’impresa e favorire la nascita di nuove idee di innovazione e business, ha dedicato ieri ampio spazio al Circuito Sardex.net, con un’intervista condotta da Michele D’Alena con il nostro responsabile della comunicazione Carlo Mancosu.

Per chi non avesse avuta occasione di leggerla la riportiamo integralmente qui sotto: buona lettura!

Credito e moneta sono due basi fondanti del sistema economico ma anche della vita di ognuno di noi. Ma sono anche la base fondante di Sardex, un’azienda atipica perché mette a valore un cambio di prospettiva creando un circuito economico integrato progettato per facilitare le relazioni.

Dove solitamente c’è competizione, Sardex innesca collaborazione dimostrando che comunità e fiducia possono creare vantaggi economici.

Era in arrivo la crisi finanziaria con i primi sintomi: i problemi nati nella finanza arrivavano nell’economia reale con poca liquidità e stretta creditizia per le aziende.

Qui nasce Sardex. Correva l’anno 2010.

Carlo Mancosu è uno dei soci fondatori di Sardex: con lui vorrei capire come nasce l’idea di un’azienda così atipica. Al centro c’è una moneta complementare ma come nasce l’azienda che mette a valore la capacità di essere comunità? Come si organizza? Come nasce in Sardegna Sardex?
Abbiamo iniziato a pensare a Sardex.net già dalla seconda metà del 2007. All’epoca ci apprestavamo e terminare gli studi e, come tutti quanti, cominciavamo a ragionare del nostro futuro lavorativo. Non avevamo tante certezze, ma ciò che ci era chiaro fin da allora è che ci sarebbe piaciuto avviare un progetto che ci permettesse di lavorare in Sardegna, al servizio delle nostre comunità e del nostro territorio. In quegli anni, pur avendo tutti quanti una formazione di matrice umanistica, avevamo incominciato ad interessarci di economia, in particolare di tre temi: il credito, la finanza e la moneta. Proprio in quel periodo seguendo il flusso dell’informazione finanziaria avevamo cominciato a guardare con una certa apprensione a ciò che stava accadendo oltre oceano. Il fatto che la crisi partisse proprio dal sistema finanziario ci ha portato subito a riflettere sulle inevitabili ricadute di quest’ultima sull’economia reale. Sapevamo infatti che sarebbe stata solo una questione di tempo e la crisi finanziaria si sarebbe presto trasformata, dapprima in una crisi del credito, poi dei consumi (e quindi della domanda) ed infine in una crisi produttiva ed occupazionale. Sapevamo pertanto che se non si fosse trovato il modo di offrire all’economia reale strumenti contro ciclici capaci di aiutare le nostre imprese a fronteggiare la crisi di liquidità e il credit crunch che di lì a poco si sarebbe generato, il nostro sistema economico sarebbe andato incontro ad una recessione difficile da arginare. Eravamo consapevoli, infatti, che si trattava principalmente di una crisi finanziaria e non di una crisi produttiva. La bolla dei mutui subprime e il crollo di Lemhan Brothers, infatti, non avevano in alcun modo inficiato la capacità delle imprese di produrre valore ma avrebbero presto fatto venir meno i mezzi finanziari necessari alle imprese per produrre e veicolare gli scambi. Era pertanto necessario trovare il modo di introdurre un nuovo strumento econometrico capace di sostenere gli scambi ed al contempo di fornire alle imprese un canale di finanziamento supplementare ed aggiuntivo. Uno strumento che andasse a svolgere, almeno in parte, alcune delle funzioni che, per via della crisi, gli strumenti tradizionali avrebbero faticato a svolgere con efficacia.

Così, esaminando molto attentamente alcuni sistemi compensazione e moneta complementare sorti in più parti del mondo a seguito della crisi del ‘29, abbiamo individuato alcune esperienze, tra cui quella del circuito svizzero WIR (oggi WIRBANK), che potevano essere mutuate e riadattate al nuovo contesto anche grazie agli strumenti del WEB 2.0. Oltre allo studio di queste esperienze, una delle nostre maggiori fonti di ispirazione ci venne dal lavoro di uno dei più grandi economisti del ‘900, JM Keynes, che a Bretton Woods presentò a nome della delegazione britannica un sistema di compensazione tra nazioni legato ad una unità di conto detta Bancor. Ed è proprio nello studio della proposta keynesiana di Bretton-Woods, la creazione, cioè, di una moneta internazionale, pensata come semplice unità di conto, che misurasse gli avanzi e i disavanzi commerciali dei paesi, che affondano le radici teoriche i Circuiti di Credito Commerciale. Il fine ultimo del Bancor infatti era la compensazione multilaterale dei rapporti commerciali tra i vari paesi. Sardex.net segue esattamente lo stesso principio, sostituendo alle nazioni gli operatori economici di un dato territorio legati tra loro da rapporti di scambio reciproco.

E’ pertanto a partire da queste basi, ispirandoci inoltre alle teorie economiche di Proudhon, Gesell, Polany, Fischer, Kohr e dello stesso Keynes (solo per citarne alcuni) ed alla oramai ottantennale esperienza del Circuito svizzero WIR (65000 imprese aderenti ed un giro d’affari in WIR di oltre 2 miliardi all’anno), che nel 2008 cominciammo a progettare Sardex.net, un circuito in cui le aziende dell’Isola, attraverso l’utilizzo di una valuta locale digitale, avessero la possibilità di sostenersi a vicenda, finanziandosi reciprocamente senza interessi. Creare con loro un mercato complementare e supplementare, fondato sulla fiducia e sulle relazioni, che fosse capace di affiancarsi a quello tradizionale e di controbilanciarne almeno in parte la caduta. Non un’alternativa naturalmente. Semplicemente un’opportunità in più.

Come sei riuscito a raccontare un’idea così diversa? E sopratutto, come hai conquistato i primi “clienti”? Quale difficoltà hai incontrato?
Creare una rete dal nulla non è affatto una cosa semplice. A questa difficoltà oggettiva andava a sommarsi la profonda diffidenza che una iniziativa come la nostra generava a primo acchito in buona parte degli interlocutori. Abbiamo dovuto fare decine e decine di appuntamenti per trovare il primo imprenditore così lucidamente folle da scommettere su una rete a cui ancora nessuno non aveva aderito. Ma la forza del progetto era tale e tanta che nel solo primo anno sono state 250 le imprese che hanno scelto di puntare su un meccanismo di mercato che andava incontro ad un bisogno spesso latente ma al contempo molto sentito sopratutto in un momento di congiuntura economica negativa: il bisogno di collaborare e sostenersi a vicenda.Sardex.net è un sistema pensato per reintegrare relazioni economiche su un piano di relazione umana e sociale, un sistema capace di anteporre il bene del gruppo a quello individuale, costruendo, nel suo piccolo, un nuovo paradigma economico fondato su valori quali la fiducia, la reciprocità e la collaborazione.

Alla forza di un sustrato valoriale forte l’offerta di valore di Sardex era accresciuta dai vantaggi economici concreti che il Circuito sarebbe stato in grado, in breve tempo, di assicurare alle imprese partecipanti.

Penso sia stata la scelta, più o meno consapevole, di aderire a questo sistema di valori unitamente alla fiducia nei vantaggi economici e sociali che Sardex avrebbe potuto generare a spingere, dapprima centinaia, poi migliaia di imprese ad aderire al progetto.

Che le cose siano andate oltre le nostre più rosee aspettative lo rivelano in maniera lapalissiana i numeri: oltre 3000 aziende partecipanti in Sardegna e 100 milioni di crediti transati in 5 anni, dei quali 50 milioni solo nel 2015.

A livello organizzativo, come avete gestito la necessità di creare legami e comunità? Come coniugare mercato e relazioni? Come vi organizzate in Sardex?
Per poter gestire in maniera efficiente ed efficace la crescita del circuito, l’azienda si è dovuta strutturare in maniera solida sia dal punto di vista organizzativo che dal punto di vista delle competenze, ed ora, oltre ai 5 founder, in Sardex.net lavorano 27 dipendenti a tempo inderminatato e 25 collaboratori.

Contrariamente a quanto in molti sono portati a pensare, non è la parte tecnica di Sardex il cuore della creazione di valore in Sardex. Ovviamente gli utenti hanno a disposizione una piattaforma su cui operare; una piattaforma che mette assieme funzionalità di gestione del conto simili a quelle di un normale home banking, come ad esempio ricevere ed effettuare pagamenti pagamenti, con un sistema di ricerca e di annunci molto semplice ed intuitivo. Oltre alla versione desktop, abbiamo rilasciato una App Mobile, utile alla gestione del proprio conto Sardex in mobilità. Internamente, nel corso degli anni, abbiamo sviluppato numerosi altri tool che aiutano il nostro staff a gestire il Circuito, a monitorarne l’attività e a supportare le imprese in tutte le fasi della loro operatività. Tuttavia la chiave del successo di Sardex.net non è riconducibile a chissà quale algoritmo o innovazione tecnologica, bensì va ricercata proprio nel lavoro quotidiano dello staff e delle aziende iscritte al circuito. Un gruppo di persone che si adoperano, giorno dopo giorno, nel facilitare le relazioni, nel creare legami fiduciari e duraturi, nel promuovere la collaborazione, contribuendo a generare benessere e fiducia sul nostro territorio e tra i membri delle nostre comunità. Pertanto, il nostro può essere visto come costante lavoro di costruzione della comunità volto a far emergere una tra i partecipanti, come direbbe Searle, una sorta di coscienza del noi. Non a caso, solo quest’anno, abbiamo realizzato oltre 70 eventi sul territorio (più di uno alla settimana), con le imprese e tra le imprese. Presenza, quella di Sardex sul territorio, che è cresciuta negli ultimi anni anche grazie al lavoro svolto in sinergia con le associazioni e le imprese del terzo iscritte al Circuito, che hanno contribuito rendere ancora più incisivo l’impatto della rete sui territori creando coesione e rafforzando il senso di comunità.

Lesson learnt: cosa abbiamo imparato da Carlo?
Non c’è un pezzo che da solo regge il sistema: immaginare un’azienda come Sardex, cioè nascere in questo tempo fatto di reti e di grandi mancanze del mercato, è creare un ingranaggio olistico, dove ogni relazione è alla base dell’obiettivo. Perché per riuscire a mettere assieme comunità e economia, fiducia e valore, serve avere cura di ogni relazione. Non si tratta di una piattaforma ICT dai numeri infiniti ma di stare sul territorio, di creare connessioni, di essere riconoscibile con una reputazione costruita incontro dopo incontro.

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