Intervista a uno dei fondatori di Sardex.net, Carlo Mancosu.
Un progetto ambizioso e rivoluzionario è partito dalla Sardegna e sta approdando in ogni angolo d’Italia: ridefinire le relazioni tra i vari soggetti economici, anche molto diversi tra loro. Una idea che sta scalando l’interesse delle comunità – a cominciare da quella sarda – e dei media, amplificata da una crisi economica che colpisce indistintamente tutto il territorio nazionale, ma che in fondo vede molte difficoltà concentrarsi in aree specifiche del Paese. E tra queste si segnala la Sardegna.
Ecco allora Sardex.net, un circuito economico e qualcosa di più. “Siamo una fucina sempre attiva, un laboratorio in cui immaginare insieme l’isola di domani, un nuovo modello di cooperazione appositamente pensato per le comunità locali”, racconta Carlo Mancosu, trentacinquenne cagliaritano e uno degli ideatori nel 2009 diSardex.net, anche se l’intuizione è ascrivibile alla seconda metà del 2007. “E’ proprio in quel periodo che avevamo cominciato a guardare con una certa apprensione a ciò che stava accadendo Oltreoceano. Il fatto che la crisi partisse proprio dal sistema finanziario ci ha portato a riflettere sulle inevitabili ricadute di quest’ultima sull’economia reale. Eravamo però consapevoli già da allora che si trattava di una crisi finanziaria e non di una crisi produttiva”, ricorda Mancosu, che attualmente nella start up ricopre il ruolo di responsabile della comunicazione. In realtà Sardex è una moneta complementare e supplementare, capace di affiancarsi a quella tradizionale.
“Di fatto ne ha controbilanciato almeno in parte la caduta. Perché si tratta di un circuito in cui le aziende dell’isola, attraverso l’utilizzo di una unità di conto digitale, hanno la possibilità di sostenersi a vicenda, finanziandosi reciprocamente senza interessi”.
Non un’alternativa pura e semplice, ma un’opportunità in più.
I numeri oggi raccontano il coinvolgimento di una comunità: duemila imprese aderenti, trentacinquemila operazioni e oltre ventidue milioni transati negli ultimi dodici mesi in Sardegna. E poi, dettaglio non trascurabile, ben sette circuiti avviati in Italia nell’ultimo anno. Dal 2011 è entrata nella start up DPixel, con un investimento seed, e in fondo con la consulenza per la definizione di modello scalabile e replicabile. Sardex vive di connessione, di scambio costante, di reti: “Il nostro legame con le nuove tecnologie? Nel mio paese la banda larga è arrivata nel 2009 e nello stesso anno è nata Sardex. Come si può facilmente immaginare non si tratta affatto di una coincidenza”. “Dal mio punto di vista è prima di tutto un modo nuovo di pensare le relazioni ed i rapporti tra i soggetti economici. Siamo partiti dalla Sardegna e in fondo stiamo nell’isola. Non solo un circuito economico ma anche un sistema in grado di generare, accanto ai risultati economici, coesione sociale, di ritessere la trama relazionale all’interno delle nostre comunità, rafforzando i legami fiduciari preesistenti e contribuendo a crearne di nuovi. Per la creazione di una vera e propria impresa era necessario trovare il modo di introdurre un nuovo strumento econometrico capace di sostenere gli scambi ed al contempo di fornire alle imprese un canale di finanziamento supplementare ed aggiuntivo. Uno strumento che andasse a svolgere, almeno in parte, alcune delle funzioni che, per via della crisi, gli strumenti tradizionali avrebbero faticato a svolgere con efficacia. E così abbiamo fatto, ci siamo ispirati alle teorie economiche di Proudhon, Gesell, Polany, Fischer, Kohr e Keynes. E poi alla oramai ottantennale esperienza del circuito svizzero WIR, che conta 65.000 imprese aderenti ed un giro d’affari in WIR di oltre 2 miliardi all’anno. Il tipo di pubblico che intercettiamo sono le comunità in senso lato: imprese, professionisti, lavoratori, associazionismo e terzo settore e molto presto i cittadini”.
Il segreto del successo di questa idea? “Innanzitutto l’eterogeneità tra le nostre personalità e competenze, una grande determinazione e tenacia. E poi tantissimo studio e duro lavoro. In ultimo, ma non meno importante, il tempismo: spesso infatti non conta arrivare per primi ma arrivare al momento giusto”.
Qual è l’elemento innovativo di questa moneta complementare? “Sono senza dubbio le imprese, i professionisti e gli operatori del terzo settore che, insieme a noi, partecipano giorno dopo giorno a Sardex. net. Sono loro la piccola rivoluzione silenziosa, la vera anima di Sardex. Senza il loro entusiasmo e la loro voglia di cambiamento il Circuito non esisterebbe”.
Cosa rappresenta fare oggi in Italia una start up? “Direi smettere di lamentarsi e fare. Significa provare ad essere artefici del proprio destino. Significa non aspettare di subire il cambiamento ma di divenirne parte attiva”.
Cosa vi spinge ad andare avanti? “La convinzione che quello che stavamo facendo non solo era giusto ma anche necessario, non solo per noi ma anche per le nostre comunità. La certezza che Sardex. net, pur non rappresentando la soluzione alla crisi economica e sociale che stiamo vivendo, possa comunque rappresentare una parte importante di essa”.
Prossime sfide? “Puntiamo all’ingresso dei singoli cittadini nella rete, al rafforzamento del network nella penisola con l’apertura di almeno altri cinque circuiti entro il 2016 e all’avvio della sperimentazione con la Pubblica Amministrazione. A questo proposito siamo parte di un progetto finanziato dalla Unione Europea che prevede, oltre alla nostra, l’avvio di altre due sperimentazioni. Una in Catalogna e l’altra a Bristol”.
Un consiglio ai giovanissimi che vorrebbero provare a misurarsi su un’esperienza di start up? “Il primo suggerimento è provateci. Nella vita gli errori non commessi pesano di più di qualsiasi fallimento. Il secondo è di pensare fuori dalla scatola e di non farsi condizionare. E poi il terzo è di non dimenticare mai che le persone vengono prima di qualsiasi algoritmo”.
di Simona Cangelosi per Italia Post