Questa è la storia di Pietro e di Roberta, titolari della Cantina Lilliu, ma non solo. “Sei abbastanza grande per prendere le tue decisioni. Cerca di capire chi sei, cosa vuoi e cosa fare per ottenerlo”, aveva detto il padre a Pietro quando non era neanche 18enne, e a lui è bastato poco per scegliere la vita che voleva vivere.
Pietro vuole fare il vino. Quindi studia, passa in campagna e in vigna la maggior parte del tempo. “È un settore in cui ti devi adattare alle annate e devi seguire la natura. Il vino in natura non esiste, tu hai mai visto vino scorrere in vigna?”, ci chiede mentre ci porta al vigneto nell’agro di Ussaramanna, in Marmilla. “È tutta una sofisticazione ed elaborazione fatta dall’uomo, la pianta fa l’uva per la continuazione della specie, perché nell’uva ci sono i semi e fa un frutto dolce e accattivante perché gli animali poi lo portino in giro. Noi cerchiamo di aiutare la pianta a vivere con la sua naturale predisposizione. La nostra agricoltura è una mano per dare e una mano per prendere. Se abbiamo uva più buona non dobbiamo far altro, in cantina, che valorizzarla. La differenziazione nostra nel mercato è data proprio da questo tipo di agricoltura naturale e poi dal fatto che in cantina cerchiamo di premiare il lavoro fatto in campagna. Non è questione di essere più bravi degli altri, è questione che non tutti hanno un terreno come questo, argilloso e calcareo, il calcare dà molto profumo e colore, non solo all’uva. Inoltre è un terreno che tiene bene l’umidità.”
Tra la Giara di Gesturi e la Giara di Siddi ci sono i cinque ettari che hanno dato vita alla Cantina Lilliu. Nel frattempo Pietro e Roberta diventano compagni di vita, oltre che nel lavoro, diventando operativi dal 2010, mentre Pietro aveva già avviato la sua impresa imbottigliando per la prima volta nel 2005, da questa terra.
“Lavoriamo con energia pulita tramite il metodo Ganimede“, ci racconta Roberta, “che consente di non utilizzare l’energia elettrica bensì il gas prodotto dalla fermentazione stessa. Abbiamo rimodernato tutto il processo tre anni fa e cambiato le etichette. Siamo stati a diversi concorsi nazionali e le nostre bottiglie erano completamente diverse dalle altre! Questo perché volevamo rappresentare per ogni vino la simbologia che c’è dietro, trasmettere quello che stiamo facendo e far capire che il vino parte dalla terra. La nostra attività va oltre il biologico, è agricoltura sinergica. Tramite questo metodo non ci sono residui chimici in bottiglia.”
All’anno vengono prodotte 20mila bottiglie, l’80% di queste viene venduto in Sardegna, il 20% tra l’Italia e la Germania. “In Sardegna siamo molto presenti su Cagliari e dintorni, abbiamo anche importanti clienti in Costa Smeralda che lavorano il vino da 50 anni. Preferiamo avere un rapporto diretto con i clienti e mi piace che chi ha il nostro vino lo sappia spiegare e raccontare. Prendi ad esempio il Dicciosu, il nostro Cannonau in purezza, veramente Cannonau. Ho scelto il monogramma della D dei testi antichi per richiamare un attaccamento anche al passato, cioè alla tradizione agricola portata avanti dal padre di Pietro e da lui rivisitata in chiave moderna. Nell’etichetta c’è il simbolo di questa tradizione insieme al giglio stilizzato e il giglio, dal latino “lilium”, è il simbolo della purezza. La bottiglia per me deve raccontare qualcosa di quello che c’è dentro.”
“Col Pantumas, il nostro cannonau bianco”, continua Roberta, “abbiamo fatto un’importante operazione commerciale con Salvatore Niffoi. Leggendo il suo libro Pantumas (dal sardo fantasmi, anime) appunto, ho trovato una frase che sembrava scritta per il nostro vino e che abbiamo riportato nel retro dell’etichetta. A Natale abbiamo venduto 500 scatole regalo in cui abbiamo abbinato il vino e il libro dello scrittore sardo”.
“Siamo stati tra i primi iscritti al circuito Sardex.net“, concludono, “In sardex abbiamo acquistato la vettura e fatto interventi di manutenzione. Ci siamo accorti che di solito chi acquista diventa poi cliente. All’interno del circuito vendiamo prevalentemente ai ristoranti. Di recente abbiamo fatto una degustazione alla Bottega di Cibele. Col sardex ci sentiamo liberi di gestire la nostra economia”.